IL TRIBUNALE DI CATANIA Sezione lavoro In composizione monocratica, nella persona del magistrato ordinario dott. Mario Fiorentino, ha pronunciato la seguente Ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale (articoli 134 della Costituzione e 23, legge 11 marzo 1953, n. 87) emessa nelle cause civili riunite a quella iscritta al n. 576/2022 R.G.L., avente ad oggetto: ricorsi ex art. 700 del codice di procedura civile - assegno alimentare, personale sanitario pubblico sospeso per mancato adempimento dell'obbligo vaccinale ex art. 4, decreto-legge n. 44/2021; promosse da: M. L., F. A., S. G., S. L., A. M. C., con il patrocinio dell'avvocato De Angelis Domenico, ricorrenti contro: Azienda O... per l'E... «C...» C., con il Patrocinio dell'avvocato Caruso Giovanna, resistente. 1. Ricostruzione dei fatti. Le parti ricorrenti in epigrafe indicate sono tutte dipendenti a tempo indeterminato dell'..." di..., con profilo professionale di collaboratore sanitario - infermiere. A seguito della loro sospensione dal servizio, per mancato adempimento dell'obbligo vaccinale ex art. 4, decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito in legge 28 maggio 2021, n. 76, con separati ricorsi (successivamente riuniti), hanno agito in via d'urgenza per il riconoscimento dell'assegno alimentare, come previsto dall'art. 82 del decreto del Presidente della Repubblica n. 3/1957 e dal CCNL di comparto, allegando di versare in stato di indigenza, non potendo far fronte ai bisogni primari della vita, non avendo altri mezzi di sostentamento (anche per l'impossibilita' di esercitare la professione altrove, in quanto sospese dai rispettivi ordini professionali), essendo peraltro gravate da debiti per mutui ipotecari o altre forme di finanziamento (cosi', S., S. ed A.). Evidenziano che i provvedimenti di sospensione, adottati tra .... ed il ... del ... ed originariamente valevoli fino al ..., sono stati prorogati fino al ... del ... e che l'azienda ospedaliera ha cessato di corrispondere ogni emolumento, nonostante le fosse stato richiesto l'assegno alimentare con nota Pec inviata nel mese di ... del ... Sostengono che la mancata previsione di un assegno alimentare per i lavoratori sospesi ai sensi dell'art. 4, decreto-legge n. 44/2021 risulti «discriminatoria», posto che, diversamente, per i dipendenti sottoposti a procedimento disciplinare o penale, e destinatari del procedimento di sospensione cautelare, sia l'art. 82, decreto del Presidente della Repubblica n. 3/1957, sia l'art. 68 del CCNL del comparto Sanita' pubblica, prevedono il riconoscimento di un assegno in misura non superiore alla meta' dello stipendio, oltre gli assegni per i carichi di famiglia. Secondo i ricorrenti, pertanto, sussisterebbe anche una evidente disparita' di trattamento tra i dipendenti sottoposti a sospensione cautelare ed i dipendenti sospesi per mancato assolvimento dell'obbligo vaccinale, in specie ove si consideri che, per questi ultimi, il legislatore si e' premurato di specificare che tale inadempimento non assume rilevanza disciplinare. Sicche' condotte disciplinarmente rilevanti, ove determinanti sospensione (cautelare o disciplinare), darebbero luogo al riconoscimento dell'assegno alimentare, mentre, al contrario, condotte lecite sotto il profilo disciplinare non sarebbero assistite da analoga tutela. Cio' provocherebbe, secondo le parti ricorrenti, la violazione dell'art. 2 della Costituzione, nonche' dell'art. 36 della Costituzione, poiche' l'istituto dell'assegno alimentare, avente natura assistenziale e non retributiva, sarebbe stato previsto proprio per garantire al lavoratore sospeso un livello minimo di sostentamento. Si e' costituita l'azienda ospedaliera, la quale, alla luce della normativa in discussione, ha chiesto il rigetto dei ricorsi. All'udienza del 23 febbraio 2022, i procedimenti sono stati trattati secondo le modalita' cartolari previste dall'art. 221, comma 4, legge n. 77/2020, previa deposito di note scritte da parte dei procuratori delle parti, ed assunti in riserva. A scioglimento della riserva assunta, disposta la loro riunione, si ritiene che le domande non possano essere decise senza lo scrutinio di costituzionalita' dell'art. 4, comma 5, decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito con modificazioni dalla legge 28 maggio 2021, n. 76 e successive modifiche, nella parte in cui, nel prevedere che «per il periodo di sospensione non sono dovuti la retribuzione ne' altro compenso o emolumento, comunque denominato», esclude, in favore del pubblico dipendente esercente una professione sanitaria o di interesse sanitario, nel periodo di sospensione, l'erogazione dell'assegno alimentare (comunque denominato) previsto dalla legge ovvero dalla contrattazione collettiva di categoria in caso di sospensione cautelare o disciplinare. 2. Ricostruzione normativa. Giova effettuare una breve ricostruzione del quadro normativo vigente, per quanto di interesse alle questioni oggetto di causa. L'art. 4, comma 1, del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito in legge 28 maggio 2021, n. 76, al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza, in attuazione del piano di cui all'art. 1, comma 457, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, stabilisce che gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario di cui all'art. 1, comma 2, della legge 1° febbraio 2006, n. 43, per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2, sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita, comprensiva, a far data dal 15 dicembre 2021, della somministrazione della dose di richiamo successiva al ciclo vaccinale primario, nel rispetto delle indicazioni e dei termini previsti con circolare del Ministero della salute. La disposizione, al comma 2, prevede che la vaccinazione costituisce requisito essenziale per l'esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative dei soggetti obbligati, essendone possibile l'omissione o il differimento solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal proprio medico curante di medicina generale ovvero dal medico vaccinatore, nel rispetto delle circolari del Ministero della salute in materia di esenzione dalla vaccinazione anti SARS-CoV-2. I commi 3 e 4 stabiliscono che gli ordini degli esercenti le professioni sanitarie, per il tramite delle rispettive Federazioni nazionali, eseguono immediatamente la verifica automatizzata del possesso delle certificazioni verdi COVID-19 comprovanti lo stato di avvenuta vaccinazione anti SARS-CoV-2, regolando le fasi e le procedure per l'eventuale contraddittorio con i soggetti che ne sono privi, prevedendo che, decorso i termini ivi indicati, gli ordini medesimi procedano all'accertamento dell'inadempimento dell'obbligo vaccinale, con atto, avente natura dichiarativa e non disciplinare, che implica l'immediata sospensione dall'esercizio delle professioni sanitarie. Il comma 5° dispone, inoltre, che la sospensione di cui al comma 4 e' efficace fino alla comunicazione da parte dell'interessato all'Ordine professionale territorialmente competente e, per il personale che abbia un rapporto di lavoro dipendente, anche al datore di lavoro, del completamento del ciclo vaccinale primario e, per i professionisti che hanno completato il ciclo vaccinale primario, della somministrazione della dose di richiamo e, comunque, non oltre il termine di sei mesi a decorrere dal 15 dicembre 2021. Lo stesso comma 5 stabilisce quindi che «Per il periodo di sospensione non sono dovuti la retribuzione ne' altro compenso o emolumento, comunque denominato», onerando il datore di lavoro a verificare l'ottemperanza alla sospensione disposta ai sensi del comma 4, pena le sanzioni di cui all'art. 4-ter, comma 6. L'art. 4, comma 7, decreto-legge n. 44/2021, in piu', specifica che l'adibizione dei lavoratori a mansioni diverse senza decurtazione della retribuzione, in modo da evitare il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2, e' ammessa solo per il periodo in cui la vaccinazione di cui al comma 1 e' omessa o differita. Non e', dunque, piu' consentita l'assegnazione ad altre mansioni, oltre i casi di cui al comma 1 di omissione o differimento per motivi di salute debitamente accertati, come previsto dall'originaria formulazione del decreto. 3. Rilevanza. Le parti ricorrenti sono, come gia' anticipato, dipendenti a tempo indeterminato dell'azienda ospedaliera pubblica per l'emergenza «C ....» di C ..., con profilo di collaboratore professionale sanitario - infermiere. Le stesse non hanno ritenuto di adempiere all'obbligo vaccinale prescritto dall'art. 4, comma 1, decreto-legge n. 44/2021 e non allegano di versare in una delle ipotesi per cui la vaccinazione puo' essere omessa o differita. Sono state quindi sospese dai rispettivi ordini professionali ed altresi' sospese dal servizio dall'azienda resistente, con distinti provvedimenti emessi tra l'ottobre ed il novembre del 2021, in applicazione dell'art. 4, decreto-legge n. 44/2021, sopra richiamato. La sospensione dal servizio e' stata prorogata, al momento, fino al 15 giugno 2022. Agiscono per il riconoscimento dell'assegno alimentare previsto dall'art. 82 del decreto del Presidente della Repubblica n. 3/1957 ed ulteriormente regolato, per quanto riguarda il comparto sanita', dall'art. 68 del CCNL di categoria, con specifico riferimento ai rapporti tra sospensione cautelare e procedimento penale e dall'art. 67 per quanto concerne la sospensione disciplinare. La disciplina prevista dall'art. 4, comma 5, decreto-legge n. 44/2021, sul punto, appare pero' chiara nello stabilire che, per la sospensione disposta per mancato assolvimento dell'obbligo vaccinale, «non sono dovuti la retribuzione ne' altro compenso o emolumento, comunque denominato». La dizione legislativa, nel fare riferimento alla retribuzione ed a qualsiasi altro compenso, «comunque denominato», sembra esprimere un contenuto chiaro ed inequivoco, non suscettibile di diversa interpretazione. Tale disciplina, inoltre, appare contemplare una disposizione di carattere speciale che deroga ad ogni altra di ordine generale prevista dalla legge ovvero dalla contrattazione collettiva. Per quanto precede, non si reputa percorribile la strada dell'interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione, come sembra suggerire la tesi difensiva delle parti ricorrenti, allorquando, pur richiamando i principi desumibili da diversi parametri costituzionali (ad es., articoli 2, 3, 36 della Costituzione), non formula espressa eccezione di incostituzionalita', chiedendo l'immediato accoglimento delle domande. Non appare quindi possibile, allo stato del diritto vigente, riconoscere alle parti ricorrenti l'assegno alimentare ovvero ogni altra forma di tutela economica di natura assistenziale. La questione che si pone appare dunque rilevante, posto che, solo ove la disposizione di cui si chiede lo scrutinio di costituzionalita' venisse ritenuta illegittima, nella parte in cui appunto esclude, nel periodo di sospensione ex art. 4, decreto-legge n. 44/2021, l'erogazione dell'assegno alimentare prevista dalla legge o dalla contrattazione collettiva negli altri casi di sospensione (cautelare o disciplinare), le domande attoree potrebbero trovare accoglimento nella presente sede cautelare. Quanto all'ammissibilita' della questione sollevata in sede cautelare, giova ricordare che la Corte costituzionale si e' ripetutamente espressa in senso favorevole, in quanto non risulti esaurita la potestas iudicandi, circostanza che non ricorre nel caso di specie, venendo emanata con separato atto, contestualmente al presente provvedimento, solo una misura cautelare interinale, la quale e' provvisoria e rimarra' efficace fino alla Camera di Consiglio successiva alla restituzione degli atti da parte della Corte costituzionale ed e' quindi da intendersi condizionata agli esiti dello scrutinio di costituzionalita' richiesto (in tal senso, C. Costituzione 9 maggio 2013, n. 83; Corte costituzionale, 30 gennaio 2018, n. 10). 4. Non manifesta infondatezza. 4.1. Possibile violazione degli articoli 2, 3, 32, comma 2, della Costituzione. Un primo dubbio che riguarda la disposizione impugnata e' quello relativo alla compatibilita' della stessa con i principi desumibili dagli 2, 3, 32, comma 2 della Costituzione, tenuto conto della natura pacificamente assistenziale che riveste, nel nostro ordinamento, l'assegno alimentare (cfr. C. Stato sez. III - 15 giugno 2015, n. 2939; T.A.R. Lombardia sez. I - Milano, 16 maggio 2002, n. 2070), generalmente riconosciuto in caso di sospensione dal rapporto di lavoro per motivi disciplinari o cautelari. Sul punto, giova osservare che l'art. 2 della Costituzione, nel prevedere una particolare tutela dell'individuo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalita' (tra cui rientrano i luoghi di lavoro), non sembra permettere l'adozione di misure che, per l'intransigenza che le connoti, possano arrivare fino al punto di ledere la dignita' della persona, circostanza che puo' verificarsi quando a questa si precluda ogni forma di sostentamento per far fronte ai bisogni primari della vita. Cio' e' stato affermato, anche di recente, dalla giurisprudenza costituzionale, financo nei riguardi di coloro che hanno gravemente «violato il patto di solidarieta' sociale che e' alla base della convivenza civile», cioe' i condannati per i reati di cui agli articoli 270-bis, 280, 289-bis, 416-bis, 416-ter e 422 del codice penale, nonche' per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto art. 416-bis codice penale ovvero al fine di agevolare l'attivita' delle associazioni previste dallo stesso articolo (Corte costituzionale, 20 luglio 2021, n. 137). In tale occasione, la Corte ha ricordato che la possibilita' di modulare la disciplina delle misure assistenziali «non puo' pregiudicare quelle prestazioni che si configurano come misure di sostegno indispensabili per una vita dignitosa, cosi' come anche per le provvidenze destinate al soddisfacimento di bisogni primari e volte alla garanzia per la stessa sopravvivenza, la cui attribuzione comporta il coinvolgimento di una serie di principi, tutti di rilievo costituzionale (tra cui l'art. 2 della Costituzione)», ed ha quindi dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 61, legge n. 92/2012, nella parte in cui prevede la revoca delle prestazioni, comunque denominate in base alla legislazione vigente, quali l'indennita' di disoccupazione, l'assegno sociale, la pensione sociale e la pensione per gli invalidi civili, nei confronti di coloro che, condannati per i reati sopra elencati, scontino la pena in regime alternativo alla detenzione in carcere. Sebbene quella esaminata dalla Corte riguardi fattispecie diversa da quella oggi in scrutinio, i principi dalla stessa evidenziati sembrano (a fortiori) applicabili anche al caso di specie, laddove il mancato assolvimento dell'obbligo vaccinale non e' considerato dallo stesso legislatore come atto penalmente o disciplinarmente rilevante (art. 4, comma 4, decreto-legge n. 44/2021) e, cionondimeno, l'operatore sanitario si vede, non solo impossibilitato a svolgere la propria prestazione lavorativa a seguito della sospensione prevista dall'art. 4, decreto-legge n. 44/2021, ma anche deprivato persino di quegli istituti, come l'assegno alimentare, che - come si vedra' piu' ampiamente infra, § 4.2. - gli verrebbero invece garantiti laddove fosse sospeso poiche' coinvolto in un procedimento penale e disciplinare, con misure anche restrittive della liberta' personale, e dunque per procedimenti riguardanti il suo coinvolgimento in reati anche di oggettiva gravita'. Giova, peraltro, considerare che il lavoratore, sospeso ex art. 4, decreto-legge n. 44/2021, non puo' accedere a quegli istituti che tutelano i lavoratori in caso di perdita dell'occupazione, quale, ad es., l'indennita' di disoccupazione, perche' non acquisisce lo status di lavoratore disoccupato (conservando il posto di lavoro, ancorche' svuotato dal provvedimento di sospensione), essendo tale provvidenza in ogni modo preclusa ai lavoratori pubblici a tempo indeterminato, ne' puo' fruire - in quanto in eta' lavorativa - di quelle provvidenze che presuppongono una determinata anzianita' anagrafica (ad es., l'assegno sociale). La sospensione dal lavoro e dall'albo professionale ex art. 4, comma 4, decreto-legge n. 44/2021, inoltre, gli impediscono di svolgere presso qualsiasi sede, e non solo dove e' radicato il proprio rapporto di lavoro colpito dal provvedimento di sospensione, la propria professione. L'esercente la professione sanitaria, quindi, perde ogni possibilita' di far fronte alle esigenze basilari della sua vita, non potendo fare affidamento su alcuna forma di sostegno economico. Il tutto per un periodo temporale particolarmente rilevante, inizialmente fissato fino al 15 dicembre del 2021 e poi differito, ad oggi, fino al 15 giugno 2022. Or, sebbene non si ignori che l'impianto del decreto-legge n. 44/2021 sia ispirato alla finalita' di «di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza» (art. 4, comma 1, decreto-legge n. 44/2021), nell'ambito di una situazione emergenziale e del tutto straordinaria, le conseguenze che esso implica nella sfera del dipendente non vaccinato - e che si sono irrigidite a seguito delle modifiche apportate all'originaria formulazione del decreto (1) - appaiono tuttavia eccessivamente sproporzionate e sbilanciate, nell'ottica della necessaria considerazione degli altri valori costituzionali coinvolti, tra cui, tra i primi, la dignita' della persona, bene protetto da plurime previsioni della Carta: articoli 2, 3, 32, comma 2, 36, 41 della Costituzione. Non appare pleonastico ricordare che il diritto al lavoro costituisca una delle principali prerogative dell'individuo, su cui si radica l'ordinamento italiano, che trova protezione nell'ambito dei «principi fondamentali» della Carta costituzionale (articoli 1, 4) e che viene tutelato, non solo in quanto strumento attraverso cui ciascuno puo' sviluppare la propria personalita' (art. 2), potendo cosi' concorrere al progresso materiale e spirituale della societa' (art. 4), ma innanzitutto perche' costituisce il mezzo per assicurare alla persona e al rispettivo nucleo familiare, attraverso la giusta retribuzione, il diritto fondamentale di vivere un'esistenza libera e dignitosa (art. 36 della Costituzione). Nel momento in cui la legge, nel precludere all'operatore sanitario non vaccinato la possibilita' di espletare la prestazione lavorativa (anziche' applicare altre soluzioni, ad es.: la sottoposizione dell'operatore ad un rigido sistema di controllo tramite test di rilevazione del virus; l'assegnazione a mansioni diverse, ove possibili, etc.), non consente neppure che lo stesso possa fruire di un sostentamento minimo per far fronte alle proprie esigenze basilari, essa, cosi' facendo, non puo' che esporsi al dubbio di rivelarsi eccessivamente sbilanciata e sproporzionata, ad eccessivo detrimento del valore della dignita' della persona, con possibile violazione, oltre che dell'art. 2, anche dell'art. 3 della Costituzione. A cio' pare possibile soggiungere che, cosi' operando, la legge stessa, pur con i migliori intenti, finisce di fatto per realizzare una sorta di «forzata induzione» all'adempimento dell'obbligo, ponendo la parte lavoratrice di fronte alla radicale prospettiva di dover scegliere se subire quelle condizioni di indigenza o di smodata compressione delle abitudini di vita consolidate, che le deriverebbero dalla mancata vaccinazione, ovvero sottoporsi al detto trattamento. Cio' suscita ulteriori dubbi di costituzionalita' rispetto all'art. 32, comma 2, della Costituzione, nella misura in cui esso dispone che, anche nei casi di trattamento obbligatori disposti per legge, quest'ultima «non puo' in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». Le stesse norme interposte, tra cui la legge 23 dicembre 1978 - N. 833, istitutiva del servizio sanitario nazionale, nel ribadire che gli accertamenti e trattamenti sanitari «sono di norma volontari» (art. 33, comma 1), specifica che nei casi in cui la legge prevede che possano essere disposti dall'autorita' sanitaria «questi devono avvenire nel rispetto della dignita' della persona e dei diritti civili e politici...» (art. 33, comma 2, legge n 833 cit.). Sebbene la legge possa prevedere l'obbligatorieta' di determinati trattamenti sanitari, sono rarissimi, ed ancorati a precisi presupposti, i casi in cui l'ordinamento consente la possibilita' di eseguirli contro la volonta' della persona (ad es., e' il caso del T.S.O.), valendo da sempre il principio che gli accertamenti ed i trattamenti obbligatori debbano essere «accompagnati da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi e' obbligato» e che «L'unita' sanitaria locale opera per ridurre il ricorso ai suddetti trattamenti sanitari obbligatori, sviluppando le iniziative di prevenzione e di educazione sanitaria ed i rapporti organici tra servizi e comunita'» (art. 33, comma 5, legge n. 833/1978). E cio' a conferma della consapevolezza del legislatore che l'obbligo al trattamento sanitario costituisce pur sempre un'eccezione rispetto al principio, di cui e' espressione l'art. 32 della Costituzione, della libera determinazione dell'individuo in materia sanitaria (Cassazione civile sez. III, 5 luglio 2017, n. 16503) e che qualsiasi pratica sanitaria o farmacologica, sia pur correttamente praticata, non puo' essere del tutto esente da rischi di effetti avversi, anche gravi, per quanto rari questi possano essere. Cio' trova riscontro anche nell'art. 3 del decreto-legge n. 44/2021, relativo alla «Responsabilita' penale da somministrazione del vaccino anti SARS-CoV-2», il quale prevede che «Per i fatti di cui agli articoli 589 e 590 del codice penale verificatisi a causa della somministrazione di un vaccino per la prevenzione delle infezioni da SARS-CoV-2, effettuata nel corso della campagna vaccinale straordinaria in attuazione del piano di cui all'art. 1, comma 457, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, la punibilita' e' esclusa quando l'uso del vaccino e' conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all'immissione in commercio emesso dalle competenti autorita' e alle circolari pubblicate nel sito internet istituzionale del Ministero della salute relative alle attivita' di vaccinazione». Lo stesso rapporto annuale sulla sicurezza dei vaccini anti-COVID 19 (27 dicembre 2000 - 26 dicembre 2021) dell'A.I.F.A., pubblicato sul sito ufficiale dell'Agenzia (https://www.aifa.gov.it/documents/20142/1315190/Rapporto_annuale_su_ sicurezza_vaccini%20anti-COVID-19.pdf), nel confermare la sicurezza dei vaccini, analizza le percentuali delle segnalazioni di sospetti effetti avversi (gravi e non gravi), anche in rapporto alle diverse fasce di eta', e dei casi in cui e' stato rilevato il nesso di causalita'. Suscita quindi dubbi di possibile violazione dell'art. 32, comma 2 della Costituzione, un sistema, quale quello sancito dalla norma impugnata, che, negando in maniera radicale ogni sostegno economico all'operatore sanitario sospeso dal rapporto di lavoro per mancato adempimento dell'obbligo vaccinale ex art. 4, decreto-legge n. 44/2021 - per fatti peraltro, come detto, non censurabili a livello disciplinare e che si collocano nell'ambito di una situazione del tutto straordinaria ed emergenziale - lo ponga di fronte alla prospettiva di non poter assicurare a se' ed alla propria famiglia neppure i mezzi di sostentamento minimi ed indispensabili, cosi' come di non poter far fronte, neppure in minima parte, ai propri impegni economici, con gravi conseguenze del vivere quotidiano (si pensi, ad es., all'impossibilita' di far fronte all'eventuale mutuo ipotecario per l'acquisto della casa di abitazione, con tutto quello che ne comporta), posto che tale assetto sembra oltrepassare il limite imposto dal parametro costituzionale in esame. 4.2. Possibile ulteriore violazione dell'art. 3 della Costituzione. Come gia' anticipato, l'impossibilita' del lavoratore sospeso ex art. 4, decreto-legge n. 44/2021 di accedere a forme di assistenza minime, come quella dell'assegno alimentare (comunque denominato), sembra integrare un'ulteriore violazione dell'art. 3 della Costituzione, per violazione del principio di eguaglianza e per irragionevolezza, posto che impedisce anche l'applicazione di quelle misure di sostegno previste persino in caso di sospensione cautelare del lavoratore, laddove quest'ultimo abbia commesso (o sia sospettato di aver integrato) la commissione di determinati fatti costituenti reato, idonei a determinare anche l'irrogazione di sanzioni disciplinari. Nel tempo, l'ordinamento ha sempre previsto tali forme di sostentamento, riconoscendo in favore del lavoratore pubblico, nel periodo di sospensione, un assegno alimentare o altri istituti sostanzialmente analoghi. Si considerino, a titolo esemplificativo: l'art. 82 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, recante il testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, secondo cui «All'impiegato sospeso e' concesso un assegno alimentare in misura non superiore alla meta' dello stipendio, oltre gli assegni per carichi di famiglia»; l'art. 500 del decreto legislativo - 16 aprile 1994, n. 297, recante il testo unico del personale scolastico, contenente analoga disposizione anche in materia di sospensione disciplinare; gli articoli 10, 21, comma 4 e 22, comma 4 del decreto legislativo del 23 febbraio 2006 - N. 109, recante la disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, i quali contengono la previsione dell'erogazione dell'assegno alimentare sia nelle ipotesi di sospensione disciplinare (art. 10, decreto legislativo n. 109 cit.), sia nelle ipotesi di sospensione cautelare, obbligatoria o facoltativa (articoli 21, comma 4 e 22, comma 4, decreto legislativo n. 109 cit.). La stessa contrattazione collettiva del pubblico impiego privatizzato ex art. 2, comma 2, decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, competente a regolare «la tipologia delle infrazioni e delle relative sanzioni», ex art. 55, comma 2, decreto legislativo n. 165/2001, prevede l'assegno alimentare nei casi di sospensione cautelare del dipendente, anche laddove quest'ultima si protragga per un notevole arco temporale, in quanto disposta in attesa degli esiti di un procedimento penale, e dunque anche per fatti ritenuti di oggettiva gravita' e disvalore. Si consideri, per quanto riguarda il comparto sanita', a cui afferisce il rapporto delle parti ricorrenti, l'art. 67 CCNL (2) il quale prevede la conservazione del diritto alla retribuzione nell'ipotesi di sospensione cautelare disposta (per un massimo di giorni trenta) in corso di procedimento disciplinare. Si valuti, ancor di piu', l'art. 68, comma 7, del suddetto CCNL, il quale prevede in caso di sospensione cautelare obbligatoria o facoltativa, per la sussistenza di un procedimento penale a carico del dipendente, che ne ha comportato anche la restrizione della liberta', l'erogazione in favore dello stesso di «un'indennita' pari al 50% dello stipendio tabellare, nonche' gli assegni del nucleo familiare e la retribuzione individuale di anzianita', ove spettanti». Si consideri che tale indennita', del tutto sovrapponibile all'istituto dell'assegno alimentare previsto dall'art. 82 decreto del Presidente della Repubblica n. 3/1957, viene riconosciuta in tutti i casi di sospensione cautelare individuati dall'art. 68 del CCNL, e dunque laddove il dipendente sia «sia colpito da misura restrittiva della liberta' personale» (art. 68, comma 1) ovvero anche nel caso in cui «venga sottoposto a procedimento penale che non comporti la restrizione della liberta' personale o questa sia comunque cessata, qualora l'Azienda o Ente disponga, ai sensi dell'art. 55-ter del decreto legislativo n. 165 del 2001, la sospensione del procedimento disciplinare fino a termine di quello penale». Trattasi di indennita' che viene riconosciuta anche per periodi molto ampi di sospensione, come risulta dalla lettura dell'art. 68, comma 6, CCNL secondo cui «Negli altri casi [diversi da quelli in cui l'ente applica la sanzione del licenziamento senza preavviso previsto dall'art. 66, comma 9, n. 2 del CCNL, laddove la sospensione opera fino alla conclusione del procedimento disciplinare], la sospensione dal servizio eventualmente disposta a causa di procedimento penale conserva efficacia, se non revocata, per un periodo non superiore a cinque anni. Decorso tale termine, essa e' revocata ed il dipendente e' riammesso in servizio, salvo i casi nei quali, in presenza di reati che comportano l'applicazione dell'art. 66, comma 9, n. 2 (Codice disciplinare), l'Azienda o Ente ritenga che la permanenza in servizio del dipendente provochi un pregiudizio alla credibilita' della stessa a causa del discredito che da tale permanenza potrebbe derivarle da parte dei cittadini e/o comunque, per ragioni di opportunita' ed operativita' dell'Azienda o Ente stesso. In tal caso, puo' essere disposta, per i suddetti motivi, la sospensione dal servizio, che sara' sottoposta a revisione con cadenza biennale. Ove il procedimento disciplinare sia stato eventualmente sospeso fino all'esito del procedimento penale, ai sensi dell'art. 69 (Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale), tale sospensione puo' essere prorogata, ferma restando in ogni caso l'applicabilita' dell'art. 66, comma 9, n. 2 (Codice disciplinare)». Anche nei rapporti di lavoro privati, i contratti collettivi prevedono il diritto del lavoratore all'assegno alimentare nei periodi di sospensione cautelare (cfr. art. 42, penultimo comma, CCNL AIOP - personale non medico). Alla luce di quanto previsto, genera dubbi di possibile violazione dell'art. 3 della Costituzione, una previsione, quale quella impugnata, che, a fronte di una condotta (il mancato adempimento dell'obbligo vaccinale) non integrante illecito ne' sul versante disciplinare, ne' sul versante penale, e che riguarda una fattispecie introdotta in una fase del tutto emergenziale, in un contesto del tutto eccezionale, neghi agli operatori sanitari non vaccinati persino la corresponsione di quelle indennita' - come l'assegno alimentare - generalmente riconosciute dall'ordinamento per far fronte ai bisogni alimentari basilari del lavoratore sospeso, anche laddove quest'ultimo sia coinvolto in procedimenti penali e disciplinari per fatti di oggettiva gravita', posto che cio' sembra generare una irragionevole disparita' di trattamento, peraltro a scapito di quelle condotte che proprio per previsione legislativa sono esenti da alcun tipo di rilievo. (1) Che prevedeva la possibilita' di verificare l'assegnazione del dipendente a mansioni diverse, ipotesi oggi ammessa solo nei casi di esonero o differimento dell'obbligo vaccinale. (2) www. aranagenzia.it/attachments/article/9016/CCNL%020comparto%20SANITA %27%20definitivo_sito%20.pdf,